A causa dell’aumentata richiesta da parte dei pazienti adulti di trattamento ortodontico, a scopo estetico o funzionale, si rende necessario, a volte, il coinvolgimento sinergico della chirurgia maxillo-facciale, della parodontologia e della protesi. Il trattamento ortodontico può, talvolta, agevolare l’intervento parodontale e protesico nella risoluzione di problematiche occlusali. Successivamente alla fase diagnostica è prevista l’individuazione di obiettivi terapeutici ed un “timing” individualizzato dei diversi interventi, in considerazione delle diversità delle problematiche cliniche, in termini di procedure e modalità di trattamento. 

Alterazioni dento-maxillo-facciali – Ortodonzia pre-chirurgica (Casi chirurgici-ortodontici e borderline):

La linea di confine tra “paziente ortodontico” e “chirurgico” non è sempre così netta. Tra i due estremi si pongono quei casi definiti borderline che possono essere trattati o con un intervento ortodontico di compenso dentario (camouflage) oppure con trattamento chirurgico di riposizionamento dei mascellari nei tre piani dello spazio.

Un trattamento ortodontico-prechirurgico si pone obiettivi spesso totalmente opposti a quelli di un trattamento ortodontico convenzionale; risulta, quindi, indicato stabilire preliminarmente l’orientamento terapeutico, se ortodontico tradizionale o mirato ad un successivo approccio chirurgico.

Previa un’attenta diagnosi, il piano di trattamento dovrà presentare precisi obiettivi terapeutici, senza successivi ripensamenti.

L’esame clinico è determinante in presenza di indicazioni al trattamento ortodontico- chirurgico. Una valutazione sinergica e contestuale dell’ortodontista con il chirurgo maxillo- facciale è importante per il raggiungimento del risultato ottimale, tenendo in considerazione le esigenze e le aspettative del paziente.

I parametri rilevati all’esame clinico extra-orale, statico e dinamico, frontale e laterale, devono essere poi correlati ai dati cefalometrici; la valutazione complessiva è dirimente ai fini diagnostici, prognostici e terapeutici.

All’esame clinico extra-orale possono essere rilevati i rapporti tra le strutture del volto in posizione statica e dinamica (sorriso, eloquio).

L’analisi del volto va eseguita secondo il concetto della “full face analisys” (radice, dorso ed ali del naso, complesso malare, piano bizigomatico, solco naso-labiale, consistenza e spessore del labbro superiore, lip-line, linea del sorriso, piano occlusale trasverso superiore ed inferiore, piano biangolare, consistenza, spessore e posizione del labbro inferiore, regione mentale, profilo delle branche orizzontali, angoli mandibolari, piano bigoniale, etc). Tale esame consente di ricavare elementi estetici inerenti la caratteristiche del profilo, del naso (radice, punta, ali), dei rapporti verticali tra i terzi del viso, del mento, la distanza mento-collo.

L’esame del terzo inferiore deve essere mirato all’individuazione delle caratteristiche anatomiche della struttura mandibolare, in particolare nei casi in cui si evidenzi una prominenza mentale.

L’esame cefalometrico dei tessuti duri e molli del complesso dento-maxillo-facciale, eseguito sia sulla teleradiografia del cranio in proiezione latero-laterale, che sulla teleradiografia del cranio in proiezione postero-anteriore, ha un ruolo di fondamentale importanza in particolare nella diagnosi e nel trattamento di tali malocclusioni dento-scheletriche.

Nella risoluzione di quei casi borderline che richiedono un intervento chirurgico-ortodontico, le esigenze estetiche del paziente spesso prevalgono sulle valutazioni dentali e scheletriche, le quali non sempre definiscono in modo univoco il limite netto tra caso chirurgico e caso ortodontico; infatti, i diversi parametri cefalometrici, sebbene determinanti ai fini diagnostici, non sempre definiscono chiaramente tale limite, a meno che non risultino francamente oltre la norma.

La correzione di tali alterazioni del complesso dento-maxillo-facciale richiede la valutazione di diverse variabili quali le caratteristiche e gravità della malocclusione ed, in particolare, l’età del paziente e le implicazioni estetiche e psicosociali.

Età del paziente:

I quadri clinici ortodontici con maggior successo sono quelli di Classe II, in virtù delle possibilità di stimolare la crescita condilare, con correzione della discrepanza sagittale scheletrica mediante procedure ortopedico-funzionali, che troverebbero la massima espressione durante il picco di crescita mandibolare; secondo alcuni Autori, tuttavia, si potrebbero ottenere correzioni scheletriche anche intervenendo in età più avanzata.

Nei quadri clinici di Classi III, la correzione ortopedica appare più complessa, soprattutto in presenza di sindromi progeniche. La prognosi di tali malocclusioni è comunque riservata e può aggravarsi nell’evenienza in cui si sovrapponga alla malocclusione di base (dimensione sagittale) una sfavorevole tipologia facciale (dimensione verticale) o un’asimmetria scheletrica (dimensione traversale). La contestuale presenza di evidenti alterazioni nei tre piani dello spazio può deporre per un trattamento combinato ortodontico- chirurgico.

Estetica e aspetti psicosociali:

L’estetica facciale è connessa con le motivazioni e le aspettative del paziente. L’autostima, intesa come valore della propria immagine nei rapporti interpersonali, nonché la personalità, con note di emarginazione o difficoltà di inserimento nel gruppo familiare, scolare e sociale risultano determinanti nella programmazione terapeutica.

Le aspettative del paziente devono essere attentamente valutate e considerate al fine degli effetti del trattamento, con minimo rischio di insuccesso. A tal proposito, particolare attenzione deve essere posta all’utilizzo d’immagini video nella pianificazione del trattamento ortodontico-chirurgico, che, nel simulare i risultati terapeutici, faciliterebbero la percezione del cambiamento estetico, con il rischio di creare nei pazienti aspettative vincolanti ed esporre il clinico ad un tacito obbligo di risultato del trattamento digitalmente supportato.

La documentazione raccolta ai fini diagnostici viene valutata da ortodontista e chirurgo maxillo- facciale; quest’ultimo deve dare indicazioni riguardo agli spostamenti dei mascellari, possibilmente anche in merito alla loro entità ed al tipo di intervento programmato per quel paziente. Gli elementi forniti dal chirurgo sono fondamentali per l’ortodontista poiché sono una premessa necessaria per redigere il VTO (Visualizzazione Obiettivi di Trattamento) ortodontico-chirurgico.

Il VTO ortodontico-chirurgico rappresenta un importante strumento per l’ortodontista poiché permette di visualizzare complessivamente gli obiettivi chirurgici ed ortodontici sul piano sagittale, trasversale e verticale. Può essere eseguito con la tecnica più familiare all’ortodontista, manualmente o con l’aiuto di strumenti digitali/informatici, partendo da presupposti squisitamente estetici oppure estetico-funzionali; può essere mostrato al paziente ma non deve, comunque, creare aspettative vincolanti.

Il trattamento ortodontico-prechirurgico può essere eseguito con qualsiasi tecnica ortodontica. Al termine di tale fase, qualche mese prima dell’intervento, è prevista l’applicazione di un apparecchio multiattacchi vestibolare, per esigenze intraoperatorie; archi rettangolari passivi a pieno spessore e ganci consentiranno al chirurgo di applicare legature metalliche intraoperatorie. Subito prima della fase chirurgica, tramite il VTO Chirurgico (di pertinenza del chirurgo maxillo-facciale e condiviso con l’ortodontista) si procede alla programmazione degli spostamenti chirurgici dei mascellari con la previsione del risultato estetico finale. Si tratta di una programmazione analoga a quella ortodontica-pre-chirugica, ma priva di spostamenti dentali. Può essere eseguito sia in laterale che in frontale, manualmente o con ausili digitali/informatizzati.

Nei casi più complessi i modelli in gesso pre-chirurgici possono essere montati in articolatore a valori medi, quindi sezionati e riposizionati sulle basi dell’articolatore secondo i movimenti previsti con il VTO. In questa fase è possibile eseguire, se richiesto dal chirurgo, splints in resina intermedi e/o finali utili per la stabilità intraoperatoria e postoperatoria.

Usualmente, dopo circa due settimane dall’intervento chirurgico, quando il paziente viene nuovamente affidato all’ortodontista possono essere rimossi gli archi rettangolari a pieno spessore e sostituiti con archi più leggeri.

L’uso di elastici verticali di guida concorre a migliorare l’intercuspidazione.

Contestualmente vengono prescritti esercizi di rieducazione funzionale.

Solitamente, dopo circa 50-60 giorni dall’intervento chirurgico, si può procedere con il perfezionamento dell’allineamento dentale e dei rapporti occlusali, per un periodo di circa 4-6 mesi. La stabilità dei risultati viene affidata alla contenzione che può essere attuata con apparecchiature fisse (es. splints in filo metallico o materiali compositi) o rimovibili (es. placche, mascherine termoformate, etc.). La durata della contenzione può essere variabile, mediamente è di 12-18 mesi, sebbene, in alcuni casi, può essere permanente.

In pazienti affetti da disordini temporo-mandibolari devono essere rispettati particolari accorgimenti terapeutici, ricorrendo talvolta all’utilizzo di bite a copertura totale.

Raccomandazioni:

La risoluzione di quadri clinici definiti “borderline” rappresenta sicuramente una delle maggiori criticità in ambito ortodontico e richiede particolari competenze.

Data l’estrema labilità della linea di confine tra “paziente ortodontico” e “chirurgico”, non sempre così netta, risulta determinante una corretta diagnosi tridimensionale della malocclusione, al fine di stabilire se l’alterazione dento-scheletrica può essere trattata “ortodonticamente”, con compensi dentali (camouflage) o mediante un trattamento chirurgico-ortodontico di riposizionamento dei mascellari nei tre piani dello spazio. Un trattamento ortodontico prechirurgico si pone obiettivi concettualmente differenti rispetto a quelli del trattamento ortodontico convenzionale.

La pianificazione terapeutica deve essere condivisa con il paziente, in quanto caratteristiche e gravità della malocclusione non rappresentano le uniche variabili che concorrono alla scelta di un trattamento piuttosto che di un altro; rilevante importanza assumono l’età del paziente e le implicazioni estetiche e psicosociali.